IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nel processo penale  a  carico  di  Radulovik  Jasminka  nata  in
Macedonia l'8  novembre  1980  elettivamente  domiciliata  in  Cesano
Maderno, via San Bernardo n. 68/69 con  l'avvocato  Renato  Cogliati,
imputato del reato p. e p. dall'art. 10-bis  decreto  legislativo  n.
286/1998 perche' faceva ingresso e si tratteneva nel territorio dello
Stato in violazione delle disposizioni del citato testo unico. 
    In Brivio e Santa Maria Hoe' il 19 settembre 2009. 
    Emette la seguente ordinanza. 
    Premesso che come emerso dall'istruttoria, in data  19  settembre
2009 una pattuglia dei Carabinieri di Brivio  fermava  un'auto  sulla
quale si trovavano tre individui che risultavano  gli  autori  di  un
furto in abitazione consumato poco prima. 
    Nel corso delle operazioni  di  identificazione  dei  soggetti  i
Carabinieri  rilevavano  che  l'imputato  non  aveva  alcun  tipo  di
documento di soggiorno benche' fosse cittadina macedone.  Interrogata
dai  carabinieri  sul  motivo  di  tale   irregolarita',   l'imputato
rispondeva che il permesso le era scaduto da tempo e  che  non  aveva
fatto nulla per regolarizzare la propria posizione. 
    I Carabinieri controllavano la banca  dati  del  Ministero  degli
interni ed accertavano che effettivamente la cittadina macedone  fino
al 2007 risultava in regola con il permesso di soggiorno poi  scaduto
il 20 aprile 2007. 
    Pertanto provvedevano a denunciarla in  base  a  quanto  previsto
dall'art. 10-bis decreto-legge n. 286/1998. 
    La  procedura  amministrativa  di  espulsione  non   veniva   mai
effettuata in quanto l'imputata risultava detenuta  per  altra  causa
presso il carcere di Como. 
    La  questura  di  Como  avrebbe  poi  attivato  la  procedura  di
espulsione al termine del periodo di carcerazione. 
    L'imputato  veniva  quindi  ritualmente  tratto  a  giudizio  per
rispondere del reato di cui al capo di imputazione; 
    All'udienza  del  1°   ottobre   2009,   esaurita   l'istruttoria
consistita nell'acquisizione  dei  documenti  prodotti  dal  pubblico
ministero e nell'esame del teste maresciallo  Christian  Cucciniello,
il legale dell'imputato eccepiva il  profilo  di  incostituzionalita'
dell'art. 10-bis decreto legislativo n. 286/1998 in riferimento  agli
articoli 2 - 3 - 27 e 117 della Costituzione. 
    All'udienza  del  1°  ottobre  2009  il  pubblico  ministero   si
associava all'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalla difesa
dell'imputato ed alla conseguente richiesta di rimessione degli  atti
alla Corte costituzionale. 
 
                            O s s e r v a 
 
    A norma dell'art. 10-bis decreto legislativo n. 286/1998  risulta
punito con l'ammenda da € 5.000,00 a € 10.000,00 lo straniero che  fa
ingresso  ovvero  si  trattiene  nello  stato  in  violazione   della
normativa regolante il soggiorno dello straniero extracomunitario. 
    Il testo  dell'articolo  non  comprende  dunque  l'inciso  «senza
giustificato motivo»; in altri termini l'assenza di  un  giustificato
motivo non risulta prevista dal legislatore come elemento costitutivo
del reato. 
    Sul  punto   va   rammentato   quanto   osservato   dalla   Corte
costituzionale al  punto  7.4  della  sentenza  n.  22/2007:  «Quanto
all'eccessivo rigore della norma censurata (l'art.  14  comma,  5-ter
decreto legislativo n. 286/1998)  si  deve  anzitutto  ricordare  che
questa Corte,  conformemente  alla  sua  recente  giurisprudenza,  ha
sottolineato  il   ruolo   che,   nell'economia   applicativa   della
fattispecie criminosa, e' chiamato a svolgere il  requisito  negativo
espresso dalla formula ''senza giustificato motivo'' (ord. 386/2006).
Tale formula copre tutte le ipotesi  di  impossibilita'  o  di  grave
difficolta' (mancato rilascio di documenti  da  parte  dell'autorita'
competente, assoluta indigenza che rende  impossibile  l'acquisto  di
biglietti  di  viaggio  e  altre  simili  situazioni)  che,  pur  non
integrando cause di giustificazione  in  senso  tecnico,  impediscono
allo straniero di prestare osservanza  all'ordine  di  allontanamento
nei termini prescritti». 
    Ugualmente nella sentenza n. 5/2004 la  Corte  costituzionale  ha
rilevato:  «Giova  peraltro  osservare  come   la   formula   ''senza
giustificato motivo'' e formule  ad  essa  equivalenti  od  omologhe,
''senza giusta causa'', ''senza giusto motivo'' ''senza  necessita'',
''arbitrariamente'' etc.  compaiano  con  particolare  frequenza  nel
corpo di norme incriminatrici ubicate tanto  all'interno  dei  codici
che in leggi speciali. Dette clausole  sono  destinate  in  linea  di
massima  a  fungere  da  ''valvola  di  sicurezza''  del   meccanismo
repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorche' -  anche
al di fuori di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza
del precetto appaia in concreto "inesigibile" in ragione,  a  seconda
dei casi, di situazioni ostative a carattere oggettivo o soggettivo». 
    La Corte ha quindi posto in rilievo l'importanza di tale elemento
al fine  di  rendere  il  delitto  di  inottemperanza  all'ordine  di
espulsione (art. 14, comma 5-ter  decreto  legislativo  n.  286/1998)
conforme ai principi di colpevolezza e di proporzionalita' affermando
quindi - implicitamente - che i  suddetti  principi  sarebbero  stati
violati - con  conseguente  incostituzionalita'  dell'articolo  sopra
richiamato per violazione dell'art. 27  Cost.  -  se  il  legislatore
avesse imposto l'inflizione di una pena detentiva anche a soggetti la
cui permanenza in Italia, anche se non coperta da una vera e  propria
causa di giustificazione, fosse risultata in concreto inesigibile per
valide ragioni oggettive o soggettive. 
    Stupisce quindi  che  il  legislatore  non  abbia  previsto  come
elemento costitutivo del reato l'assenza del  giustificato  motivo  o
non abbia quantomeno inserito nella norma una di quelle  clausole  di
significato analogo  menzionate  dalla  Corte  costituzionale  e  che
avrebbero permesso al giudicante di valutare in concreto dal punto di
vista soggettivo la singola  fattispecie  evitando  la  punizione  di
condotte di illecito trattenimento di fatto non rimproverabili. 
    Tale aspetto pare assumere un'importanza  ancora  maggiore  posto
che l'art. 5 cod. penale e' stato dichiarato  incostituzionale  nella
parte in cui non esclude  dall'inescusabilita'  dell'ignoranza  della
legge penale l'ignoranza inevitabile. 
    Tenuto conto che il reato  introdotto  dall'art.  10-bis  decreto
legislativo n. 286/1998 e' suscettibile di  trovare  applicazione  in
una serie di situazioni disparate ed e' verosimilmente applicabile  a
soggetti che possono presentare difficolta' nella comprensione  della
lingua italiana o che comunque entrano per la prima volta in contatto
con l'ordinamento giuridico italiano, appare  ancor  piu'  necessario
dare  al  giudicante  la  possibilita'  di  valutare  il  profilo  di
colpevolezza dello straniero ed il grado di intensita' dello stesso. 
    Del resto anche il  Presidente  della  Repubblica  nella  lettera
inviata in data 15 luglio 2009 al  Presidente  del  Consiglio  ed  ai
Presidenti  delle  Camere  ha  rilevato:   «suscita   in   me   forti
perplessita' la circostanza che la  nuova  ipotesi  di  trattenimento
indebito non preveda la  esimente  della  permanenza  determinata  da
''giustificato motivo''». 
    Nel caso specifico la difesa  dell'imputato  non  avrebbe  potuto
fornire la prova - rectius tale prova non sarebbe risultata rilevante
in quanto non valutabile dal giudicante - della circostanza  che  per
l'imputato successivamente all'entrata in vigore della legge, sarebbe
stato in concreto impossibile o quantomeno difficoltoso  lasciare  il
territorio dello Stato italiano prima di  essere  denunciata  per  il
reato di cui all'art. 10-bis decreto legislativo n. 286/1998. 
    Nel caso in esame poi  va  posto  in  rilievo  che  dalla  stessa
richiesta di presentazione immediata a  giudizio  formulata  ex  art.
20-ter decreto legislativo n.  274/2000  risulta  che  l'imputato  e'
detenuto presso la Casa circondariale di  Como  e  quindi  a  maggior
ragione si pone la necessita'  di  valutare  l'impossibilita',  anche
volendo, da parte dell'imputato di lasciare il territorio dello stato
italiano. 
    b) Peraltro va osservato  pure  come  l'assenza  di  giustificato
motivo  sia  ancora  prevista  dall'art.  14,  comma  5-ter   decreto
legislativo n. 286/1998 che non ha subito alcuna modifica per effetto
della legge 15 luglio 2009,  n.  94.  Cio'  determina  un'illegittima
disparita' di trattamento  con  conseguente  violazione  dell'art.  3
della Costituzione. Le due figure  di  reato  infatti  risultano  del
tutto assimilabili trattandosi in ogni caso  di  permanenza  illegale
nel territorio dello Stato in un caso (art.  10-bis)  per  violazione
delle norme del decreto legislativo n. 286/1998  e  nell'altro  (art.
14, comma 5-ter) per violazione dell'ordine impartito dal Questore di
lasciare  il  territorio  entro  5  giorni.  La   differente   natura
dell'obbligo violato - genericamente le norme del decreto legislativo
n.  286/1998  o  l'ordine  specifico  del  Questore  che   interviene
successivamente al decreto  di  espulsione  -  puo'  giustificare  il
diverso trattamento sanzionatorio nelle due differenti ipotesi  posto
che - come costantemente affermato dalla giurisprudenza  della  Corte
costituzionale - al Parlamento va riconosciuto un  largo  margine  di
discrezionalita' nell'esercizio del potere di incriminazione  ma  non
puo', ad avviso  di  chi  scrive,  giustificare  diversi  criteri  di
valutazione della colpevolezza ovvero della  rimproverabilita'  della
condotta, valutazione che il giudice deve potere effettuare  in  ogni
caso, indipendentemente dalla  gravita'  delle  sanzioni  previste  e
conformemente al principio espresso dall'art. 27 della Costituzione. 
    Per  i  motivi  esposti  l'art.  10-bis  decreto  legislativo  n.
286/1998 risulta in contrasto con le seguenti  norme  costituzionali:
art. 3, art. 27.